Recensione - Mostra di Genova "Picasso: capolavori dal Museo Picasso, Parigi"


Buonasera a tutti,
la mia bacchetta, quando cita la parola Lumos Maxima, fa in modo da fornirvi sempre argomenti nuovi di discussione. Oggi Diario di un Viaggiatore va sicuramente lontano con gli anni a livello storico. Abito a Genova dalla fine del 2014 e, da quando mi trovo qui, ho avuto la possibilità di assistere a diverse mostre. In particolar modo a Palazzo Ducale si chiacchierava molto sul fatto che fosse presente una mostra dedicata interamente a Pablo Ruiz y Picasso (o semplicemente Pablo Picasso). La mostra prende il nome di Picasso: capolavori dal Museo Picasso, Parigi e, così come si evince dal nome, le opere provengono direttamente dalla Francia.
Sicuramente sarà a voi noto questo personaggio alquanto singolare dai libri di scuola: è stato litografo, scultore e pittore e ha ideato, insieme a Georges Braques, il movimento del cubismo. Questa corrente artistica voleva rappresentare la realtà attraverso conformazioni geometriche ben precise. Si trattava di uno studio puntuale sia delle forme della natura che del carattere/personalità. Il loro smantellamento in mille pezzi e ricomposizione, attraverso appunto la geometria, ne fornisce una chiara interpretazione che consente all’osservatore di comprendere contemporaneamente entrambi gli aspetti (fisico ed emotivo).
Devo dirvi la verità, durante i miei studi di storia dell’arte alle scuole superiori Picasso non mi aveva colpito più di tanto. Ho sempre prediletto quadri e opere “esteticamente belli da vedere” e che rappresentassero, quanto più fedelmente possibile, la realtà circostante. Inutile dire, Amici miei, che mi sbagliavo tantissimo e questo ragionamento era dettato dal fatto che fossi molto ignorante in materia. Non bisogna mai farsi influenzare dai pregiudizi e occorre sempre rivedere le proprie convinzioni. Purtroppo a scuola non ci fanno amare le cose veramente belle e gli insegnanti tante volte non riescono a trasmettere l’amore per l’arte (anche se, soprattutto in Italia, le opere non mancano). La mostra mi ha davvero lasciata senza parole e oggi riconosco in Picasso un genio ineguagliabile.

Passando al fulcro del discorso, voglio precisare una cosa: non sono un critico d’arte e non ho l’esperienza per poter giudicare la qualità di un’opera rispetto ad un’altra. Di conseguenza tutto ciò che dirò da qui in avanti sarà solo frutto della sensazione che ogni singolo quadro mi ha trasmesso. Vorrei precisare questo perché chi legge potrebbe prendere per oro colato quello che dico, ma il mio obiettivo non è fare scuola, bensì quello di condividere con Voi pensieri e riflessioni. Anzi, mi renderebbe davvero felice se Voi arricchiste il mio post con la Vostra esperienza e conoscenza e Vi ringrazio tantissimo!

Passiamo alle opere adesso!



Uno dei primi quadri che mi è balzato subito all’occhio è Il giovane pittore. Pablo Picasso l’ha dipinto quando aveva già 70 anni. L’opera rappresenta il volere dell’artista di trasmettere ai posteri l’amore per la pittura. La figura rappresentata è un ragazzino che non sa ancora bene come dipingere. Le linee sono abbozzate e un’unica pennellata costruisce l’intera figura. L’artista, esattamente come farebbero i bambini, non pulisce il pennello prima di cambiare colore e ciò viene evidenziato dalla linea blu che parte dall’occhio e congiunge quest’ultimo con il cuore e il pennello tenuto in mano dal fanciullo. Secondo me qui si ha il chiaro messaggio di dover mettere tutti i propri sentimenti, che scaturiscono dal cuore, nella pittura. La lacrima è indice di esternalizzazione delle sensazioni. Quando le emozioni tante volte ti distruggono e ti fanno venir voglia di piangere, non sarebbe meglio trasformarle e rimodellarle in modo tale da creare qualcosa di assolutamente meraviglioso? Questo quadro racchiude, a mio avviso, un messaggio di speranza e a non arrendersi mai di fronte alle difficoltà della vita.



Questa meraviglia è Il pittore e la modella. Si tratta di Marie-Thérèse Walter, una delle amanti predilette che l’autore ha conosciuto a Parigi nel   1926. Lui aveva 46 anni, mentre la giovane 17. Dall’opera si evince l’unione tra le due figure, il pittore sulla destra e la modella sulla sinistra. Al centro del disegno troviamo la tavolozza, simbolo del tema centrale del quadro. Da essa, in particolar modo dal dito che la tiene ferma, prendono forma un pentagramma e un violino, quasi a voler paragonare il pittore ad un musicista che sa plasmare la realtà secondo il proprio piacere. L’artista riempie interamente la scena e, sotto un certo  punto di vista, quasi avvolge la modella, che si vede seduta al centro. La modella ha un ruolo quasi marginale rispetto all’autore del dipinto, il quale vuole rendere protagonista della scena non la ragazza, bensì la pittura vera e propria. Questo aspetto rispecchia fortemente la personalità di Picasso: egli catturava la realtà, la faceva di sua proprietà, la plasmava e in un fare quasi egoistico rappresentava solo ciò che voleva trasmettere e ciò che lui vedeva. Difatti trovo in Picasso una figura molto egoistica e narcisista: trattava le sue amanti alla stregua di oggetti da possedere e non come vere e proprie compagne (visione maschilista avvalorata dalla presenza di numerosi tradimenti e amanti) e così agiva anche nei confronti della realtà e dei sentimenti.
I due attori sono rappresentati in due momenti differenti. Il pittore è ritratto sia nella fase di osservazione della fanciulla che quando crea la sua “musica”. La ragazza è raffigurata dapprima seduta e, successivamente, nell’atto di abbandonare la stanza.
Il pittore è ispirato dal simbolo dello yin e yang che si scorge sul lato destro.




Nudo seduto costituisce uno studio condotto da Picasso che gli ha consentito di dipingere successivamente Les Demoiselles d’Avignon. E’ un esperimento geometrico dell’anatomia umana a dir poco geniale. La donna raffigurata si trova in un bordello e la figura rappresenta il suo stato d’animo perfettamente. Nonostante elementi di sinuosità femminili, il corpo presenta dei tratti tipicamente maschili dovuti al sacrificio che nella vita ha dovuto sopportare. Si tratta di una donna forte e che si è costruita, nel corso del tempo, una corazza impenetrabile che la protegge dal mondo esterno. Il viso stanco che la accompagna mentre cerca di massaggiarsi i piedi mi ricorda un po’ la rappresentazione dei volti tipica di Vincent Van Gogh quando dipinge Il seminatore (1882): in entrambi gli artisti ritrovo la stessa capacità di esprimere la sofferenza del duro lavoro.



Qui passiamo ad un periodo buio per il pittore e ciò si evince anche dalla serie di quadri dai toni tetri che ha realizzato. E’ il periodo che comprende gli anni tra la Guerra Civile in Spagna e la Seconda Guerra Mondiale, in cui il genio dà alla luce Guernica, raffigurante l’idea del bombardamento. In questo contesto nasce Bambino con colombe che vedete in foto. Questo è stato in assoluto il mio quadro preferito e, allo stesso tempo, quello che mi ha maggiormente inquietato. Il bambino innocente presenta fattezze grottesche: il colore blu del vestitino ritrae la sua innocenza, ma il luogo oscuro in cui si trova fa presagire che qualcosa nell’aria sta mutando e segnerà per sempre la sua vita. Il mondo che lo circonda ormai non è più un luogo sicuro, ma è sempre più buio e desolato. Nella scena due elementi fanno presagire che le certezze di una vita serena e spensierata non esistano più, cioè la sedia e le colombe. In primis notiamo la sedia a cui il bambino è appoggiato, solida e che lo regge: tuttavia l’ombra di quella stessa sedia fa presagire che quella solidità insita in precedenza sta vacillando e che travolgerà il bambino. In un posto così buio e angusto è strano vedere due colombe! La prima, appoggiata alla sedia “solida”, ha il volto sereno e rilassato, mentre la seconda, posata sull’unico piano stabile della seconda sedia, assume le fattezze di un corvo, simbolo di morte.


Nello stesso e identico periodo, troviamo anche Ragazzo con l’aragosta, il quale rispecchia il volere di Picasso di scomporre la realtà sia fisica che emotiva per permettere all’osservatore di studiarne le caratteristiche peculiari. Il bambino raffigurato ha intorno a sé dei cibi molto prelibati con cui gioca e non si preoccupa di quello che sta facendo. Ciò è sinonimo di un bambino di una famiglia agiata e a cui non manca nulla. Il fanciullo presenta un viso deforme e quasi diabolico, anche se ancora infante. L’analisi condotta dall’autore sul soggetto raffigurato è rappresentata in modo esemplare dal volto diviso in due del ragazzino; si evince che le sue sembianze grottesche siano dovute a qualcuno che gli ha impartito certi insegnamenti nella vita. Tutti i bambini nascono innocenti, ma allo stesso tempo i bimbi sono lo specchio dei genitori e se questi ultimi sono persone malintenzionate, automaticamente i figli seguiranno lo stesso esempio. E’ un concetto molto inquietante, ma allo stesso tempo realistico e contemporaneo. Noi siamo lo specchio della nostra famiglia e della nostra cultura, sia in positivo che in negativo (con anche delle eccezioni in quest’ultimo caso).

La scomposizione della personalità soggettiva è altresì presente quando si osservano i ritratti dell’artista. Egli ha dedicato diverse opere ad amanti e donne che frequentava durante i suoi atelier.

Il Ritratto di Marie-Thérèse del 1937 costituisce una variazione della famosa opera Donna seduta. La donna è raffigurata attraverso un mix tra righe orizzontali, che danno l’idea della rientranza, e curve sinuose, per le sporgenze. Tutto ciò si estrinseca in un perfetto mix geometrico, ma che dà comunque la sensazione della profondità. Mi hanno colpito anche i giochi della luce: le parti in ombra sono esplicate attraverso colori freddi, mentre le parti luminose dai colori caldi e dal bianco. Il viso non è scomposto così come si vede in altri ritratti e ciò dà la sensazione di trovarsi davanti ad una donna leale e che non ha nulla da nascondere. Ho notato che quando si ha la necessità di rappresentare qualcuno che caratterialmente non ha secondi fini o non è falso e ipocrita, Picasso tende a realizzare un viso con lineamenti quasi simmetrici, sia nella parte destra che nella parte sinistra.

L’artista ha altresì condotto diversi studi sulle opere di colleghi che lo hanno preceduto. In effetti, appena ho notato nella mostra questi quadri, mi è  venuto spontaneo puntare il dito davanti ad essi e dire “ma io ti conosco e ti ho già visto da qualche parte” (momento di delirio, ragazzi… perdonatemelo!!).
Si tratta di due studi condotti su Colazione sull’erba ispirato a Manet e la Maja Desnuda di Francisco Goya. Di seguito troverete tutti i quadri di cui vi ho citato gli approfondimenti condotti da Picasso.





Nel quadro di Manet troviamo sicuramente figure più similari alla realtà che ci circonda: tuttavia entrambe le opere hanno la capacità di esprimere lo stesso stato d’animo spensierato degli attori oggetto della scena.  Mentre nell’opera di Manet la donna raffigurata sulla sinistra sembra guardare l’osservatore del quadro con un’aria maliziosa (a tratti mi ricorda lo sguardo della Gioconda), nell’opera di Picasso la conversazione è instaurata tra i due personaggi in primo piano sulla scena, che si osservano in modo amorevole. Nel quadro di Picasso il numero di personaggi diminuisce, infatti, da quattro a tre: manca il secondo uomo seduto di fianco alla fanciulla posta in primo piano. Questo perché, nell’opera di Manet, la scena è lievemente diversa e sembra quasi che i due uomini stiano conversando tra loro. Eliminando uno dei due personaggi, Picasso riesce con maestria a deformare la realtà e a raccontare qualcosa di innovativo in un’opera così famosa; sembra quasi che la raffigurazione di Picasso rappresenti un momento della narrazione successivo rispetto a quello interpretato da Manet.

Picasso riesce a realizzare, attraverso la scomposizione della realtà e ad una grande maestria nell’uso del bianco, gli stessi effetti di luce/ombra tra gli alberi presenti in Colazione sull’erba del suo predecessore.



Un altro studio, condotto dall’artista in tarda età, è Donna con cuscino (1969), che rievoca alla mente la famosa opera di Francisco Goya Maja Desnuda. Esattamente come in Colazione sull’erba, appena ho notato questo quadro ho riconosciuto molte similitudini con l’opera del Goya. In entrambi i soggetti ritroviamo lo sguardo malizioso della donna, indice di grande sensualità. Gli occhi espressivi sono sempre puntati verso l’osservatore, che si sente incatenato e imprigionato da essi.

Un ultimo quadro che mi ha trasmesso molta tenerezza è sicuramente Claude che disegna, Françoise e Paloma.


Qui vi è proprio la sensazione di voler rappresentare su tela un contesto quotidiano, ma allo stesso tempo di racchiudere tutte le fondamenta su cui si basa il vero senso della famiglia. I genitori sono sempre la nostra guida e ci proteggono, sin da piccoli, in tutte le attività che svolgiamo. Cercano di darci suggerimenti e preziosi consigli. Qui si vedono Claude e Paloma, figli di Picasso, supervisionati dalla madre Françoise. Sia nei volti che nei colori si ha la rappresentazione di diversi focus nelle attività svolte dai soggetti. Claude è intento ad eseguire solo ed esclusivamente un compito, quello di disegnare (un focus), e ciò è espresso sia dalla conformazione del viso che anche da un colore azzurro brillante e che risalta rispetto a tutti nell’intera opera. La sorella Paloma, che un po’ osserva l’operato del fratello e un po’ reagisce alla supervisione della madre, possiede due focus di attenzione e ciò è esplicato dal colore verde meno brillante rispetto a quello di Claude. La madre supervisiona tutto (focus universale), sia i due bambini che il disegno. Essa appare come un’ombra blu che li avvolge e li protegge perennemente. Ecco qui che con semplici gesti un episodio di vita familiare racchiude la vera essenza dell’unione tra genitori e figli e questo quadro ne è la rappresentazione effettiva.

Conclusione: Lumos Maxima vi consiglia o no di vedere la mostra? Sicuramente si! Come ho già detto in precedenza, ignoravo  fino a qualche anno fa il genio di Picasso… Ho imparato, però, che l’artista aveva una personalità unica: generatrice di forti espressioni e sensazioni, ma allo stesso tempo distruttiva. Quando tutto ciò si estrinseca nella pittura, tutto diventa un mondo perfetto e immutabile  anche nei secoli successivi.
Spero con questo approfondimento di averVi tenuto compagnia e di averVi fatto avvicinare un po’ all’arte, la quale secondo me non trova giusto spazio nei nostri giorni.
Per il resto Lumos Maxima vi augura una buona notte e che le Vostre  giornate siano sempre piene di colori allegri e vibranti.

Nox!



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